domenica 5 maggio 2013

LA SERIETA' E' DEI FESSI?




[ a. ]
Questa colonna è un piccolo paradosso, perché vuole parlare di una cosa seria (e cosa c’è di più serio della serietà?) tramite un mezzo - il computer connesso a internet - che sembra fatto apposta per ammazzare ogni buon proposito. Per salvarsela bisogna essere intrepidi.

Cosa c’entra la serietà con un blog-zine di musica hardcore? La domanda è legittima, ma farne subito un’altra può metterci sulla buona strada: cosa c’entra l’hc con le feste, la marijuana, il body building, i salti sul carro vincente e le maglie degli Husker Du dei quindicenni Fine Before You Came? In quattro parole: cosa c’entra l’hardcore con l’intrattenimento? Provando a delimitare il campo dell’intrattenimento la prima cosa a cui penso è proprio una sospensione della serietà (parlo però di una serietà seria, diversa da quella da “gioco di ruolo globale” che guarda Zeitgeist e va in piazza con Grillo), a voi convince? Ok, fino ad ora siamo rimasti in superficie, ma per andare in profondità devo essere serio anch’io. Un bel respiro…
Il problema che ci riguarda - parere personale - mi sembra parta da un po’ più lontano, ed ha a che fare proprio con uno dei capisaldi dell’hc-pensiero: il nichilismo/relativismo. Le generazioni nuove (quindi anche la mia) hanno digerito davvero bene il nichilismo già ingoiato da quelle precedenti. Così bene che, se prima la mancanza di riferimenti certi era una condizione concreta che si respirava tutti i giorni, ora è data come punto di partenza e dato acquisito; la morte di dio si è trasformata da affermazione del relativismo come libertà, nel branco dei topi che, andato via il gatto, ballano contenti all’ultimo dj set. La verità come prospettiva e non come dogma si è rovesciata nella affermazione che ogni verità è vera, che hanno tutti ragione, quindi che in definitiva l’esistente, che vede disperse tutte le forze che avanzavano la pretesa di cambiarlo, va bene così com’è. Il motto di questo nuovo nichilismo gaio è che tanto il mondo è brutto, quindi meglio divertirsi. Meglio parlare sempre di cazzate, che le cose importanti stancano. Non affaticatevi troppo, tanto la gente è tutta uguale, i politici sono tutti uguali, le teste sono tutte uguali e così via, in circolo, all’infinito. Ma non è finita: per quanto leggerini e farfalloni, i nuovi nichilisti “all’amatriciana” hanno pure loro dei meccanismi adattivi: perché se si vogliono mantenere le cose come sono bisogna anche allontanare chi vuole che cambino; le parole diventano sassi: presunzione, intellettualismo, snobismo, radical-chicchismo, sessantottismo, chi più ne ha più ne metta. Ogni discorso con pretesa non tanto di verità, quanto di serietà viene lapidato senza misericordia. Ogni parlante che azzarda un ragionamento senza cerchi né botti viene “sparato”, ripresentandoci davanti agli occhi la caricatura crudele di quel momento storico in cui le parole “cultura” e “revolver” erano messe, diciamo, in stretta relazione. La violenza moderata di questi smaliziati uomini di mondo, ben impiantata sulle basi del pensiero liberale, ha i suoi argomenti nella critica di ogni fondamentalismo (fondamentalismo hardcore, ricorda qualcosa?), e si fa scudo di una tolleranza che non sfocia mai nell’accettazione, un integralismo anche il loro, ma bianco, che ti sente senza ascoltarti e che ti dà le pacche senza esserti amico. Questa reazione è però ben lungi dall’essere ingiustificata.
Perché il circolo, con un piccolo ingrediente, si può rompere. La serietà dei gesti, delle parole, delle posizioni mette in crisi il relativismo in cui tutto deve essere zero per dare sempre zero, e basta una unità per fargli sballare i calcoli. Non è battaglia da combattersi frontalmente questa, non si può combattere il nulla. La vera battaglia, sembra banale, comincia quando ci si alza dal letto, e non riguarda altro che i nostri atteggiamenti di fronte alle persone e alle cose. Ha a che fare con la fermezza, con la non-assimilazione, con la rivendicazione dei propri gesti e la demarcazione precisa di ciò che si pensa giusto o sbagliato. Così, alla tendenza anch’essa liberale del gentlemen’s agreement, del compromesso più o meno storico e della convergenza più o meno parallela, ci si potrà prendere la libertà, e forse anche la soddisfazione, di sentirsi chiamare “irragionevoli”, “manichei, “talebani”.
Se vi sembra una brutta cosa, non preoccupatevi, ci si abitua. Ma di fronte a qualcosa che si spezza e non si piega, chi è abituato a piegarsi lo dovrà fare ancora una volta. Dalla parte giusta.

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